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Dal One Health Alla Salute Circolare

Dal One Health alla Salute Circolare

di Ilaria Capua

Benché il paradigma One Health nasca centinaia di anni fa quando Rudolf Virchow affermò che «fra salute umana e salute animale non dovrebbe esserci alcuna divisione», il concetto di Una Salute o Salute Unica ha visto le luci della ribalta, e quindi l’attenzione degli enti di ricerca e servizi, solo in seguito alla pandemia. D’un tratto, questo concetto – che era stato affinato negli anni ‘60 come nuovo approccio alle malattie emergenti e alle zoonosi – si è trovato in maniera massiccia e disseminata a far parte delle proposte di attività di resilienza pandemica, nonostante in questa rappresentazione grafica l’area di sovrapposizione dei tre cerchi, ovvero la zona One Health cerchiata di rosso, sia ridotta rispetto alle tre zone salute umana, salute animale e salute dell’ambiente (ed oltretutto la salute delle piante viene incorporata nella salute dell’ambiente).

Il concetto di One Health così come era stato immaginato, ovvero l’area di sovrapposizione fra salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente sviluppato da Schwabe negli anni ‘60, è chiaramente troppo restrittivo per le consapevolezze del nuovo millennio. Infatti, prima della pandemia, la rivista “Lancet” aveva ipotizzato una nuova rappresentazione, che risulta essere più dettagliata e permeabile alle opportunità dell’era digitale rispetto alla visione originaria. La rivista “Lancet” comunque continua a collocare One Health all’interfaccia tra uomo-animale-ecosistema e riconosce in quest’ambito tre pilastri principali, che, anche in questo caso, riguardano le zoonosi, le tossinfezioni alimentari e l’antibioticoresistenza.

Con l’arrivo della pandemia abbiamo scoperto che la salute dipende da molti altri fattori che sono esterni alla dimensione biomedica: questo approccio è stato rappresentato, con una nuova veste iconografica, nel 2022 da Marion Koopmans EMC, con una nuova rappresentazione che propone il concetto One Health come risultato di interazioni tra il mondo umano, animale e ambientale, influenzato da molteplici fattori esterni che vanno oltre il contesto biomedico, quali ad esempio la crescita della popolazione, i sistemi sanitari, la deforestazione i conflitti e le catastrofi naturali.

Questa rappresentazione concettuale di One Health per la prima volta affronta la complessità e la necessaria evoluzione del paradigma nella sua versione originale. Include molti aspetti della contemporaneità: ad esempio il turismo, l’urbanizzazione, i conflitti, gli scambi commerciali internazionali e i disastri naturali. Rimangono fuori da questa rappresentazione alcune forze che abbiamo recentemente visto essere pericolosissime come, ad esempio, la comunicazione allarmistica, il negazionismo e le fake news che si traducono spesso in perdita di fiducia nelle istituzioni. Soprattutto manca l’empowerment dei cittadini e della società che possono essere chiavi di svolta per un approccio più partecipato ed integrato.

Abbiamo scoperto nuovi fattori che influenzano la salute pubblica, ad esempio, il legame fra inquinamento e gravità del quadro clinico in caso di Covid. Abbiamo scoperto e dimostrato che alcune forze legate ai media o alle reti sociali impattano moltissimo l’evolversi del fenomeno pandemico. Abbiamo anche visto che le donne si infettano di meno, si ammalano di meno, sono state meno ricoverate in terapia intensiva. Insomma, le donne sono costate di meno al SSN, evidenziando una delle dimensioni economiche del fenomeno.

Abbiamo una risorsa e uno strumento nuovo che ci permetteranno di esplorare le nuove frontiere della ricerca: i big data e l’intelligenza artificiale. Come? Prepararsi alle nuove sfide attraverso un lavoro di ricerca che sia interdisciplinare e si avvalga delle nuove tecnologie.

Il termine One Health è oggi protagonista di moltissime attività di ricerca e accademiche ma anche – per la prma volta – di attività che riguardano i servizi pubblici sanitari, gli ospedali, i servizi sociali, l’agricoltura, le aziende farmaceutiche, e il settore agroalimentare. Ma il mondo è cambiato con la pandemia e forse il concetto One Health nelle sue declinazioni pre-pandemiche ha bisogno di un aggiornamento, come ad esempio quello proposto da Marion Koopmans.

Io mi sono spinta oltre, e sono già diversi anni che ho sviluppato il concetto di Salute Circolare, concetto le cui radici affondano nella visione One Health ma che riconosce l’importanza di includere altre discipline – oltre quelle biomediche – in un paradigma più inclusivo e contemporaneo1. Ciò per permettere di abbandonare una visione graniticamente tripartita a favore di una più integrata che coinvolga anche le scienze sociali oltre che, ad esempio, gli aspetti economici, quelli di etica e il diritto.

Tante belle parole rischiano di essere vuote di significato, a meno che non abbiano un piano di realizzazione. Un’altra delle caratteristiche di Salute circolare è che vede i 17 obiettivi di sostenibilità – quali ad esempio la lotta contro la povertà e contro la fame, il miglioramento dell’istruzione, l’uguaglianza di genere, la vita sulla terra e sott’acqua, l’azione per il clima – come strumenti di implementazione di attività virtuose che proteggano e tutelino la salute. Ad esempio, nel caso dell’antibioticoresistenza vi è la possibilità di promuovere le raccomandazioni sanitarie dell’O’Neill Report.

 

Ilaria Capua è Senior Fellow of Global Health presso la Johns Hopkins University – SAIS Europe e Courtesy Professor, nonché direttore emerito del One Health Center of Excellence dell’Università della Florida. Laureata cum laude in medicina veterinaria, ha conseguito una specializzazione e un dottorato in Virologia e Sanità Pubblica. Riconosciuta per i suoi studi sulle infezioni virali animali trasmissibili all’uomo, è stata pioniera nel 2006 nell’adozione di nuove strategie per la condivisione delle informazioni genetiche sui virus zoonotici. Autrice di oltre 230 articoli scientifici e vincitrice di prestigiosi premi internazionali, ha anche ricoperto il ruolo di deputata nel Parlamento italiano.

 

Immagine:  © Marta Scotti

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