Ebbene sì, Venezia salverà il mondo
di Renato Brunetta
Venezia è una città che ha scelto coscientemente di avere «come mura il mare e come soffitto il cielo» (C. Sabbadino, 1540). La sua laguna, destinata “naturalmente” all’interramento, è il risultato di una modellazione antropica secolare che l’ha adattata, in ogni epoca, alle esigenze e agli obiettivi della società umana.
Questa capacità di continuo rinnovamento ce la propone ancora oggi come modello di sostenibilità e resilienza. Infatti, solo nei falsi messaggi romantici Venezia è “sempre uguale a sé stessa”: invece la città ha co-vissuto nei secoli passati con eventi di portata globale, che hanno portato profonde trasformazioni, a livello urbano ed ambientale, economico, culturale e sociale. Negli anni precedenti al 1000, la primaria esigenza degli abitanti era quella di difendersi dalle invasioni di popolazioni confinanti e le isole lagunari potevano offrire rifugio, nonostante la carenza di acqua potabile, i suoli troppo soffici per costruire abitazioni pesanti, i problemi negli spostamenti, le tempeste che venivano dal mare. Le difficoltà furono tramutate in opportunità e già nel 1200 Venezia era l’unica potenza marittima in grado di offrire al Papa, grazie al suo Arsenale, efficacemente descritto in quegli anni da Dante, la flotta di navi (200) per portare l’esercito cristiano a Gerusalemme (ci fermammo a Costantinopoli, ma quella è un’altra storia). La Repubblica di Venezia decise –- a metà 1500 – di attuare le deviazioni in mare della foce dei fiumi alpini per evitare l’interramento della laguna e nel 1700 di realizzare le difese in pietra delle isole litoranee per renderle più resistenti alle mareggiate. Durante la dominazione asburgica, l’insularità di Venezia venne meno con la costruzione del ponte ferroviario translagunare (1846) e della Stazione marittima in un’area adiacente. Ciò diede il via a molte variazioni dell’assetto urbano in varie aree. Profonde modifiche morfologiche avvennero con la costruzione dei moli foranei delle bocche di porto di Malamocco e, nelle decadi successive, di Lido e di Chioggia. All’inizio del XX secolo il Porto fu spostato nella gronda, e così nacque nel 1917 la prima grande zona industriale italiana, tra le più importanti d’Europa, sviluppatasi ulteriormente nel dopoguerra.
Tali vicende non solo hanno modificato l’urbs, ma hanno rinnovato la civitas, generando sempre nuovo fervore economico. Il MOSE è quindi solo l’ultima delle “grandi opere” che hanno interessato Venezia e la sua laguna, rappresenta un esempio dell’ingegno italiano e del coraggio di intraprendere una realizzazione unica nel suo genere. Dal 3 ottobre 2020 il MOSE protegge efficacemente la città e, ad oggi, l’ha salvata 53 volte da alluvioni che sarebbero stati in alcuni casi devastanti come quello avvenuto il 12 novembre 2019. Ciò segna un nuovo inizio per Venezia, un cambio di paradigma da città “fragile/in pericolo” a “protetta/resiliente”. La sfida odierna è duplice, riguarda sia la gestione della laguna “regolata” rispettandone i dinamismi naturali, che la ripresa economica e sociale basata sull’economia della conoscenza. Secondo i dati recentemente pubblicati dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale, il livello medio globale del mare è aumentato più rapidamente dal 1900 in avanti rispetto a qualsiasi periodo dei precedenti 3000 anni. Questo rapporto stima che circa 900 milioni di persone che vivono in aree costiere in tutto il mondo subiranno gli effetti dell’innalzamento del livello del mare.
Il problema con il quale si è confrontata Venezia ha portato a un insieme ampio di soluzioni, messe in essere anche prima dell’entrata in funzione del MOSE. L’approccio veneziano, che è un misto di interventi strutturali e di adattamento, può essere utile anche per situazioni diverse.
È possibile quindi oggi ripensare la città e il suo ruolo: “Venezia-salva” è una città in grado di generare cultura e con la cultura produrre economia. Questa la scommessa di oggi della Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità, che diventa aggregatore di rete per rendere anche le idee più audaci possibilità concrete, impegnandosi con progetti specifici in ambiti prioritari.
Venezia è il simbolo di una lotta che può essere vinta, un esempio fattuale che smentisce il catastrofismo di maniera fornendo idee nuove, un sapere transdisciplinare di cui il mondo oggi ha disperato bisogno.
Venezia non è più una città che il mondo deve “salvare”, ma è lei stessa che “salverà il mondo”.
Renato Brunetta è politico ed economista. Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione nel governo Berlusconi IV (2008-2011), ha ricoperto nuovamente tale funzione nel governo Draghi (2021-2022). Presiede la Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità, nata dalla convinzione che la storia di resilienza della Città di Venezia possa ispirare la realizzazione di un futuro sostenibile, che sappia vincere le sfide complesse che minacciano la sua stessa sopravvivenza.